Storia

Il piccolo Comune di Derovere è situato a soli 18 Km dal capoluogo di provincia, in quella larga e fertile fascia di pianura che si estende ad est di Cremona e che risulta compresa tra i fiumi Po ed Oglio. Esso si trova quasi ad eguale distanza tra l’antica via Postumia a nord, che costituiva all’epoca romana un’importante via di comunicazione, e la napoleonica strada Giuseppina a sud che, passando per San Giovanni in Croce e Bozzolo, giunge, poi, a Mantova. Anche se lambito da queste due importanti vie di comunicazione Derovere non ha però mai avuto un ruolo importante negli avvenimenti storici e quindi raramente gli studiosi si sono interessati ad esso.
 

Incerta l’etimologia, che forse è da collegare ad un’antica famiglia con questo nome, mentre la tradizione popolare lo fa derivare dalla presenza, in epoca molto lontana, di un bosco di roveri.
 

La vecchia grafia del nome del paese, che nell’Ottocento veniva indicato ancora come De-Rovere, parrebbe comunque confermare la prima ipotesi.
 

Un’altra ipotesi è che il nome possa significare “due roveri”, ad indicare l’esistenza di alberi di questo tipo; improbabile che si debba il nome all’antica famiglia De Rovere.
 

Incerta è anche la data del primo documento in cui viene citato il paese, perché, se nell0’ atto di conferma dei beni fatta al Vescovo Ubaldo nel 1057 dall’ imperatore Enrico IV si nomina, tra le altre chiese, anche quella di “Durovar”, non è unanimemente accettata l’ interpretazione di alcuni storici ottocenteschi che tendono ad identificare in questa citazione l’attuale paese di Derovere, annoverando così la sua chiesa tra le più antiche pievi.
 

Si hanno invece notizi più precise su due delle attuali frazioni di Derovere: Casalorzo Geroldi e Casalorzo Boldori.
 

I loro nomi ricordano infatti antiche famiglie che ebbero qui vasti possedimenti: i Geroldi dominarono su queste terre nel secolo XII, mentre un Nicola di Casalorzio fu console cremonese ed un Enrico Casalorzio fu Vescovo di Reggio nel 1302; le proprietà dei Casalorzi passarono poi ai Boldori.
 

L’ appartenenza di queste terre a ricche famiglie viene confermata anche dai toponimi delle altre due piccole frazioni, Cà dè Bonavogli e Cà dè Novelli, nei quali i probabili antichi cognomi sono preceduti dal non meno antico “cà”, così diffuso in questa parte del territorio cremonese; basti ricordare Cà dè Corti, Cà dè Stavoli, ecc.
 

Queste terre ricche e fertili subirono nel 1217 varie rovine e devastazioni quando anche il territorio di Derovere venne interessato dalla lunga e strenua guerra combattuta dalla città di Crema contro il libero Comune di Cremona, che godeva dell’appoggio dell’imperatore.
 

E’ questo l’unico episodio degno di un certo rilievo che viene tuttora ricordato dagli storici; dopo, i secoli trascorsero senza nessun evento memorabile nel tranquillo lavoro dei campi punteggiati, allora come oggi, di numerose cascine.
 

La grande cascina cremonese a quadrilaterio, che racchiudeva al centro l’aia sulla quale si affacciavano, spesso esposti a mezzogiorno ed in posizione dominante, la casa padronale, la serie di case a schiera dei contadini, quasi sempre su due piani, i barchessali e le stalle, è ancora oggi presente nel paesaggio di questa campagna; ma le sue attrezzature sono mutate, la stalla è razionalizzata ed i silos per il foraggio sono il primo elemento che si pone fuori dal tradizionale impianto. La meccanizzazione, che ha sostituito il pesante lavoro dell’uomo e trasformato le cascine in moderne aziende agricole, permette al Comune di Derovere di essere ancora, come nell’ Ottocento, “ubertoso di cereali e biade”, ma ha drasticamente ridotto la sua popolazione. Sparita, poi, è anche la coltivazione dell’uva che veniva prodotta in discrete quantità ancora all’ inizio di questo secolo e che dava un vino “schietto”, consumato prevalentemente a livello locale. Non si commerciano più neanche i bozzoli che costituivano uan delle attività della cascina, praticata soprattutto dalle donne che si occupavano, appunto, dei bachi da seta. Di questa attività resta solo qualche ricordo nelle canzoni e nelle poesie dialettali, alle quali si dedicano alcuni appassionati che vogliono mantenere viva, anche nelle giovani generazioni, la memoria di tempi ormai passati. La Festa del patrono, San Giorgio Martire, a cui è intitolata la chiesa parrocchiale, viene celebrata il 23 aprile.